sabato 17 marzo 2007

Un nuovo contratto psicologico per i lavoratori della conoscenza

Il KM sposta il focus dal "fare" al "sapere per fare", perchè la differenza tra "fare" male e "fare" bene sta nella conoscenza che si applica alle proprie attività.
In questo senso, il lavoratore della conoscenza (knowledge worker) raccoglie, applica e genera conoscenza (e relazioni, che sono anch'esse conoscenza) per svolgere i propri compiti al meglio ed in maniera sempre più aggiornata.
A questo punto crollano i vecchi paradigmi del ruolo, delle competenze, dell'anzianità, visti come concetti statici o dinamici "a salti" e comunque correlati esclusivamente alla variabile tempo.
Dal punto di vista della conoscenza e della sua gestione, il valore (aziendale) di una persona coincide con la sua conoscenza (utile ed attuale) per svolgere i propri incarichi (attuali e potenziali) e per gestire al meglio le eccezioni, che spesso oggi sono connaturate con la quasi totalità dei business.
La capacità di apprendimento e di adattamento (altra forma di conoscenza), ossia la quantità di nuova conoscenza acquisita o generata nell'unità di tempo, varia sensibilmente da persona a persona, e pertanto la sola variabile tempo non può più rappresentare l'unico metro di misura del valore (aziendale) della persona.
Inoltre, la quantità di tempo dedicata al lavoro non rappresenta più, anch'essa, una misura soddisfacente dell'impegno di una persona; poichè la variabile fondamentale è invece la quantità di conoscenza (utile ed attuale) trasfusa nel proprio lavoro.
Di conseguenza, mi sembra che la vetusta equazione del secolo scorso "retribuzione vs. tempo dedicato all'azienda in un determinato ruolo", che regola ancora oggi la maggior parte delle collaborazioni lavorative, mostri dei limiti abissali.
Ritengo che, per i lavoratori della conoscenza (che sono quasi tutte le persone) debba essere ridefinito il contratto psicologico che li lega all'azienda e al sistema del lavoro, valorizzando la conoscenza (utile ed attuale) posseduta (quindi al netto della conoscenza e dell'esperienza - altra forma di conoscenza - obsolete) e la capacità di apprendimento e di adattamento.
Solo in questa maniera si può rendere effettivamente giustizia della conoscenza e del cimento verso al conoscenza e si può pensare di realizzare una cultura orientata alla conoscenza e alla sua gestione.

I temi aperti sono:
1) Come misurare la conoscenza di una persona (somma della conoscenza appresa nei lavori e della conoscenza appresa al di fuori del lavoro)?
2) Come distinguere tra conoscenza "utile e attuale" e "inutile e obsoleta"?
3) Come valutare la conoscenza per gli accadimenti futuri (conoscenza utile potenziale)?
4) Come valutare la capacità di apprendimento?
5) Come valutare al capacità di adattamento?
6) Come definire la retribuzione della conoscenza (utilizzata, trasfusa in azienda, comunicata)?

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A new psycological contract for knowledge workers

KM move the focus from "to do" to "to know for doing", because the difference between "to do" wrong and "to do" right stands in the knowledge applied to someone's activities.
In this way, the knowledge worker gathers, applies and generates knowledge (and relations, which are knowledge themselves) in order to perform his/her tasks at the best and in an ever and ever updated way.
Therefore, the old paradigms of role, competencies and seniority, seen as static or "discontinuosly" dynamic or anyway exclusively correlated to time dimension, break down.
From the point of view of knowledge and knowledge management, the (enterprise) value of a person coincide with his/her (useful and updated) knowledge for doing his/her (present and future) tasks nd for managing exections, which are often deep-rooted with almost the totality of business.
Learning and adapting capability (adaptability is another form of knowledge), that is the quantity of learnt or generated new knowledge in the time unit, noticeably varies from person to person and therefore the only time dimension cannot represent any more the unique measuring road of the (enterprise) value of a person.
Moreover, the time amount dedicated to work does not represent any more a satisfactory measure of someone's effort; because the fundamental unit is the quantity of (useful and updated) knowledge transfused in someone's work.
As a consequence, in my opinion, the ancient last century's equation "salary vs. time dedicated to the company in a certain role", which rules most of the collaboration agreements (at least, in Italy), shows abyssal limits.
I think that for knowledge workers (which are most of people) must be redefined the psycological contract that link them to the company and to the working system, evaluating the (useful and updated) knowledge (therefore, detracted of obsolete knowledge and experience - another form of knowledge) and the learning and adapting capability owned.
Only this way we can take effectively into account knowledge and the effort toward knowledge and we can carry out a knowledge and knowledge management oriented culture.

Open issues are:
1) How can we measure the knowledge of a person (sum of learned knowledge in working and non-working time)?
2) How can we distinguish between "useful and updated" knowledge and "useless and obsolete" knowledge?
3) How can we evaluate the "useful-for-the-future" knowledge ("potential useful knowledge")?
4) How can we evaluate learning capabilty?
5) How can we evaluate adaptability?
6) How can we define the remuneration for knowledge (used, shared with the company, communicated)?